Frankfurter Buchmesse: quando la dimensione non conta

Ho avuto la certezza che sarebbe stata un'edizione diversa nel momento in cui sono riuscito a prenotare il Marriott, nei pressi del quartiere fieristico, per meno di 200 euro con colazione inclusa. Per me, che partecipo all'evento dal 1994, è stata la prima volta. Ed è stato davvero di mio gradimento, dal momento che in tutti questi anni sono stato costretto a soggiornare persino a Rödermark-Ober Roden, l'ultima stazione della S-Bahn della linea 1.

Come d'abitudine, ho partecipato alla cerimonia di apertura, che si è tenuta di martedì, e già ho iniziato a notare le prime differenze. L'ingresso dall'Hotel Maritim, direttamente al Centro Congressi, è stato chiuso e l'evento di apertura spostato in un altro auditorium dove il pubblico avrebbe dovuto sedersi a due posti di distanza dalla persona accanto - regola che non è stata sempre rispettata.

Il personale della Fiera del libro di Francoforte ha fatto uno sforzo notevole per dare un'impressione di normalità. Hanno davvero cercato di farci sentire che era tutto come sempre, ma la realtà era ben lontana. Durante la cerimonia di apertura ci sono stati problemi tecnici, in quanto le trasmissioni degli scrittori collegati in diretta dalle loro case si sono bloccate. Le esibizioni artistiche sono state molto limitate e all'intero evento mancava quel glamour che un ospite d'onore come il Canada avrebbe potuto portare se non ci fosse stato il Covid-19 ad impedirlo. Ma in totale onestà, è stato tutto sopportabile. Francoforte era tornata, e questo era ciò che contava.

Nei tre giorni successivi ho anche cercato di fare tutto come l'avrei fatto di solito. Certo, non è stato sempre possibile, ma l'esperienza è stata molto più gratificante e più facile del previsto. Mercoledì mattina ho dovuto aspettare in coda 30 minuti prima di poter entrare nel quartiere fieristico, un'infinità di tempo per un giorno di fiera. Nonostante tutto, sono arrivato in tempo per il mio primo appuntamento all'Istituto del Libro Polacco. A proposito, i polacchi hanno organizzato uno stand collettivo di tutto rispetto e di circa le stesse dimensioni degli anni passati. Anche l'Italia si è presentata con un imponente stand collettivo realizzato per adattarsi ai tempi del virus, così come la Francia e la Spagna, i cui stand hanno rappresentato diversi editori dei loro mercati.

Ancora un altro paio di incontri e mi era ormai chiaro che la Fiera rappresentava una frazione delle dimensioni del 2019. C'era questa strana sensazione nell'aria: i visitatori erano limitati a 25 mila al giorno, mentre in un anno normale una giornata intensa può ospitarne tre volte tanti. Dal punto di vista logistico però era molto facile muoversi; nessuna coda nei punti di ristoro, i ristoranti avevano tavoli liberi e c'erano molti spazi aperti con tavoli disponibili per sedersi, rilassarsi o organizzare riunioni. Confesso che avevo paura che la Fiera del Libro di Francoforte avrebbe radicalmente ridimensionato i servizi intorno alle sale, ma mi sono dovuto ricredere. Quindi complimenti a Juergen Boos e al suo team. Così facendo, hanno permesso all'evento di essere il più accessibile possibile. Di sicuro sentirò la mancanza dei tavoli nel 2022!

Il giorno dopo, giovedì, la coda all'ingresso era sparita, sostituita dall'efficienza tedesca. Arrivati a quel punto, dopo aver parlato con colleghi ed espositori, lo spirito della Fiera era ormai chiaro e il motto era uno solo: resistenza e resilienza. Nessuno si è davvero presentato lì aspettandosi di fare affari, ma soprattutto per mostrare il proprio sostegno a un evento così importante. La maggior parte delle persone erano pervase anche da un grande sentimento di gioia, come se questa partecipazione rappresentasse il primo passo per un ritorno alla normalità. Tutti erano felici di essere lì. Anche per gli inglesi di Brexit è stato motivo di celebrazione dei loro primi timbri sui passaporti…

Dal lato pratico, ho avuto difficoltà a riconoscere le persone con le mascherine, forse perché sono un residente svedese e non ho mai avuto la possibilità di fare molta pratica. Con mia sorpresa, le persone si sono scambiate biglietti da visita come di consueto e si sono strette la mano con moderata cautela, semplicemente permettendo all'altra persona di colpire le nocche, dando quasi un parvenza di normalità. E si sono visti degli abbracci! Sì, tra amici ci si poteva semplicemente chiedere a braccia aperte: "posso abbracciarti?".

Le mascherine erano obbligatorie nelle aree comuni, ma in molti degli incontri di lavoro che ho avuto nelle postazioni designate potevano non essere indossate. La Fiera del Libro ha anche fornito le barriere protettive in plexiglas per i tavoli che però sono rimaste per lo più inutilizzate.

Di solito partecipo come intervistatore al CEO Talk, un evento organizzato dal consulente austriaco Rüdiger Wischenbart, durante il quale alti dirigenti editoriali vengono intervistati da giornalisti che operano nel mercato dei libri. Quest'anno, l'evento si è tenuto in uno studio di registrazione, senza pubblico. L'esperienza è stata positiva grazie anche all'alta qualità tecnica con cui sono avvenute le registrazioni, un gesto che ho largamente apprezzato da parte della Fiera del Libro di Francoforte, che fornisce sempre la logistica.

In generale gli eventi sono stati molto pochi. Quelli ufficiali sono stati sempre condotti in uno studio di registrazione per poi essere trasmessi su un grande schermo posizionato nell'Agorà, la piazza centrale all'aperto circondata dalle varie sale. Ma praticamente non c'era pubblico nemmeno nell'Agorà, come mostra l'immagine qui. Credo che il lato positivo di tutto ciò sia che il settore sta davvero imparando a organizzare eventi ibridi, che possono democratizzare e arricchire le future fiere del libro.

Prima di venerdì, io stesso avevo avuto diverse riunioni. Non avevo l'agenda piena come l'avrei avuta normalmente, ma ci sono stati incontri significativi, ho acquisito informazioni che non avrei potuto ottenere online e ho instaurato dei promettenti legami commerciali. Credo che sia valsa assolutamente la pena di essere lì per StreetLib. E ancora più importante, mi sono sentito rinvigorito. Essere circondato dai miei colleghi e immergermi fisicamente nell'industria editoriale globale mi ha rinnovato nello spirito, ha stimolato la mia mente e mi ha trasmesso quella creatività ed eccitazione di cui necessitavo da tempo. Sono salito sull'aereo per Stoccolma senza dubitare minimamente che le fiere del libro siano la chiave del successo dell'industria editoriale.

Le dimensioni ridotte con cui si è svolta la Fiera del Libro di Francoforte di quest'anno sono state assolutamente irrilevanti. Ciò che conta è che la Fiera sia tornata, che sia stato per noi tutti un evento proficuo e che ci abbia ricordato che le fiere del libro possono fare la differenza. Sono sicuro che tutti coloro che quest'anno erano presenti a Francoforte non abbiano dubbi sul fatto che l'evento sia più rilevante, essenziale e imperdibile che mai.

Ci vediamo a Francoforte il prossimo anno - e a Londra, Guadalajara, Bologna e Torino!